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domenica 6 luglio 2008

Diana: dal sogno alla morte.

31 Agosto 2003

Voi non riuscite neppure a immaginarlo
quel dì che Diana si sposò con Carlo.
Lui, stava lì, lì pronto per farlo,
ma nella testa gli rodeva un tarlo.

Carlo, amava nascostamente una pupilla
che la regina madre, cuor d’argilla,
considerava alla stregua di una “squilla,”
e il matrimonio con Diana era la postilla

imposta per la successione al trono,
a quel figlio un poco bighellono.
Lui s’inginocchiò, chiese perdono,
ma la regina non cambiò di tono.

“Se vuoi che Re d’Inghilterra t’incorono
devi lasciare quella poco di buono,
quella mia suddita, che non menziono,
perché al solo sentire il suo nome m’accappono!

Questo è ciò che come madre e regina sanziono:
O aspettare la mia morte; quando sarò vecchia e non ragiono,
o sposare da subito una fanciulla ch’io stessa ti punzono.
Fa come ti dico, altrimenti l’altro figlio al trono seleziono!”

Carlo, che non era mai stato un grande combattente,
s’inchinò al voler materno e come un cavalier perdente
accettò la resa ingloriosa, incondizionatamente,
e senza conoscerla, sull’altare portò Diana immantinente.

Fu preparato con gran pompa il matrimonio,
tanto che della regina scricchiolò il patrimonio.
Accorsero dal mondo regnanti vecchi e fior di conio,
ma in mezzo a loro s’intrufolò il demonio.

Fu fatta incetta di camomilla
e mancò poco che scoppiasse la scintilla,
quando sfuggita alla vista di un gorilla,
sulla scena apparve la rival Camilla.

Carlo divenne rosso come un cavallo baio;
il nunzio gesticolava come un burattinaio;
la Regina divenne fredda come un ghiacciaio;
mentre Diana sbigottita fissava il suo dirimpettaio.

Dallo schiamazzo più che una chiesa sembrava un pollaio,
e solo allora Camilla capì di aver fatto un guaio
e fece dietro front cercando d’uscire da quel ginepraio,
ma fu acciuffata e tirata in disparte da un portinaio.

Diana non era la Cuman Sibilla,
quindi ignorava la love story di Carlo con Camilla,
ma lo stesso colorò il volto del colore lilla,
e aveva gli occhi come fontana che zampilla…

Andò avanti così la storia e nacque anche un marmocchio,
ma Carlo, da principe assomigliava sempre più a un ranocchio,
e continuava ad incontrasi, con l’amante, senza dar nell’occhio,
e non a Diana, ma a Camilla, suonava la campana, col batocchio.

Diana, che si sentiva nei doveri coniugali trascurata,
sentiva il bisogno d’essere un poco sballottata,
e nonostante fosse una testa coronata
accettò dal suo istruttore d’equitazione d’essere corteggiata.

Ma questo maggiore, ch’era un grande mascalzone,
con Diana fece merenda, pranzo e colazione,
ma si annotò ogni data, rapporto e conversazione,
e quando fu pieno, dette alle stampe la divulgazione.

Si alternavano di colpa dinieghi e ammissione,
e la regina impose a lei, da Carlo, la separazione.
Lei era molto amata dalla popolazione,
ed il pubblico lo dimostrava ad ogni sua apparizione.

Diana a questo punto volle rifarsi la verginità
perduta e divenne la paladina della povertà.
Da tutto il mondo riceveva denaro in quantità,
e girò il mondo aiutando le popolazioni in difficoltà.

Girando attorno ai soldi, incontrò a Parigi un mahraja
che la riempì di regali e la voleva sposà:
Sposando Diana, di un futuro Re d’Inghilterra il papà
sarebbe diventato, e questo la Regina non lo poteva sopportà.

Per la regina quest’uomo era solo un “vo’ cumprà”
arricchito e le mandò attraverso i servizi segreti un altolà.
Visto che Diana di lei se ne fregava, e non rispettava la sua autorità,
ricorse ai fedelissimi della Corona per salvar del regno la dignità.

Come già detto, alla regina non piaceva la vita della nuora
con i suoi amorucoli, da gatta in calore, e allora
più volte, con le buone e le cattive avvisò la traditora:
“Tutto il perverso che avevate dentro adesso affiora!

Non fa una vita da principessa e vera signora
chi, come i marinai, ad ogni porto s’innamora.
Cercate di morigerarvi e conducete una vita da “suora,”
se no, l’onore del nostro casato mandate alla malora!

Sarete ricompensata alacremente e abbondantemente,
se almeno questa volta alla regina sarete ubbidiente.
Anzi, vi prometto: e voi sapete che la regina non mente,
“vostro figlio sul trono.” E’ un gran regalo obbiettivamente

per una poco di buono che l’ha solo generato:
come generano tutte le vacche del circondariato.
L’esempio vale più di ciò che ci viene insegnato,
e il vostro comportamento non è il miglior candidato!

A volte mi assale un dubbio che mai ho confessato;
Se guardo un qualsivoglia nipote, trovo un viso aggraziato,
e non noto nessuna somiglianza col mio figlio altolocato:
dubito quindi che Carlo sia stato quello che la prole ha generato!”

A Diana questo aut aut da un orecchio entrò e dall’altro uscì,
e continuò a spassarsela col suo mahraja a Parì.
La regina s’arrabbiò e decretò che la storia doveva finir lì…
ed i suoi fedelissimi e i servizi segreti del compito investì:

facendo la macchina del mahraja sabotare.
E mentre per Parigi si andavano a spassare
sotto i pilastri di un ponte s’andarono a incastrare:
ed entrambi, dalla morte, si fecero abbrancare.
[…]

Carlo continua ancora la sua storia con la vecchia Camilla:
sempre di nascosto; e nonostante avesse rispettato la postilla
sul trono d’Inghilterra, la sua stella ancor non brilla
perché la regina da tutti i pori sprizza energia più di un’anguilla.

La povera Diana adesso riposa su un’isoletta
in mezzo al lago della sua casa natale, e aspetta
che la gente la vada a visitare. Ma non sa la poveretta,
che per visitare la sua tomba, la gente è costretta

a lunghe file e a dar di mano alla borsetta,
perché ci sono i furbi che di biglietti fanno incetta
e rivendono a prezzo maggiorato…in più c’è la barchetta:
“dicono che ci guadagni il pizzo la stessa Elisabetta.”

Diana, la fata ch’era stata trasportata dal sogno alla vita,
e poi dalla vita al sogno, non è mai stata dalla morte carpita,
ma vive nel sogno di ogni ragazza all’amore fiorita
che spera di trovare il suo principe azzurro…e ridare a Diana la vita.

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